sabato 31 marzo 2018

Il pensiero di don Pietro - domenica 1 aprile 2018 - Pasqua di Resurrezione


LA NOTTE… IL SILENZIO… LA LUCE  (Gv. 20,1-9)
“Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio”. E’ la notte di Gesù che viene abbandonato da tutti e crocifisso, è la notte dei discepoli che non hanno la forza di evitare il peggio e si lasciano travolgere dagli eventi, è la notte del mondo sotto il potere del maligno, è la nostra notte, dei nostri fallimenti, dei tradimenti, della solitudine, della speranza che è data per morta, della fine di un’amicizia e di una storia autentica di amore, è la notte nera dell’ingratitudine, dello scherno e della calunnia. E assieme alla notte, il silenzio, pesante e incomprensibile del sepolcro vuoto. In effetti, andando al sepolcro, Maria vorrebbe almeno vedere, toccare e stare in compagnia del corpo morto di Gesù, e invece anche l’ultimo legame possibile con lui è scomparso, rimane solo il silenzio, pesante e incomprensibile. Dopo Maria di Màgdala, che scopre il sepolcro con la pietra di chiusura ribaltata, arrivano in due, Pietro e Giovanni, ma solo di quest’ultimo si dice: “…e vide e credette”. La domanda è d’obbligo: come mai solo Giovanni si apre alla fede? Forse perché è il discepolo “che Gesù amava”? E’ molto probabile, infatti, è solo l’amore che può aprirci alla fede. Non l’amore donato da noi, che spesso è prevedibile e scontato, ma quello che Dio ci offre, in modo sorprendente e imprevisto. Così Maria di Màgdala potrà riconoscere Gesù solo quando sarà lui a chiamarla: “Le disse Gesù: ‘Maria!’...ed ella: ‘Rabbunì!’” Così Pietro riconoscerà Gesù solo quando si lascerà alle spalle il ricordo della sua fragilità e finalmente si lascerà amare da lui. Si arriva alla fede lasciandosi amare da Dio! Perché si tratta di entrare in un’altra logica, quella di Dio, che non coincide affatto con la nostra.
Lasciarsi amare da Dio, a cominciare da noi, lasciandoci alle spalle logiche di potenza, esibizioni di muscoli e di forza, successi mondani, per abbracciare la logica della croce. La vulnerabilità di Cristo sulla croce ci rivela la natura profonda dell’amore di Dio, un amore disarmato e disarmante. Lasciarci amare da Dio, a partire dalle nostre famiglie e da coloro che ci vivono accanto, assumendo uno stile di vita nuovo all’insegna del dono, della condivisione e della compassione, abbandonando forme di egoismo e sopraffazione. Lasciarsi amare da Dio, a cominciare dalla chiesa, dalla nostra comunità cristiana, dove l’orizzonte non è più quello ristretto del “piccolo orticello”, ma diventa il campo immenso e sconfinato del mondo, dell’umanità tutta, dei fratelli che incontriamo ogni giorno. Il Risorto faccia esclamare anche noi che: “Dio è Amore!”
                                                                                                     don Pietro

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